foto Felix Schmitt for The New York Times
Politica

Latina, il coraggio di adottare un nuovo modello di sviluppo

Mancano pochi mesi alle elezioni amministrative di Latina. Il dibattito si trascina stanco, stenta a decollare, vecchi temi e problemi tornato al centro dell’agenda, progetti falliti, quelli mai nati, le risposte sbagliate ricevute dall’urbanistica.

La città più giovane d’Italia continua a faticare nel trovare un’identità, cercando riparo nel passato che le appartiene sempre meno e sarebbe un bene se finisse confinato in qualche pagina di letteratura nostrana.

Sull’urbanistica e sul futuro di Latina è necessario cambiare il punto di vista, variare la visuale. Damiano Coletta e l’amministrazione hanno innescato un duro e faticoso processo di cambiamento, che dopo l’inizio stentato registra un significativo cambio di passo che sta producendo effetti positivi nella gestione servizio di raccolta dei rifiuti, nella macchina amministrativa ormai lontana dalle ombre che l’hanno resa poco trasparente nello scorso decennio.

Dopo l’importante e necessario punto di svolta, che soltanto un’amministrazione tipo quella di Coletta poteva mettere in campo, è necessario proseguire con un salto verso il futuro, una svolta definitiva che si fondi sul coraggio delle scelte.

Pensare allo sviluppo della città per i prossimi trenta anni, avere l’ambizione di cambiare radicalmente il modello di sviluppo con l’obiettivo di arrivare nel 2050 alla città ad emissioni zero.

Un percorso che potrà prendere il via già nella prossima consiliatura se la classe dirigente troverà il coraggio di buttarsi alle spalle il desueto modello di sviluppo che continua a dominare il dibattito pubblico, infarcito di retorica sulla viabilità, sull’uso di strumenti urbanistici come i Piani Particolareggiati da rinnovare buoni per spostare le lancette indietro di trenta anni.

Immaginare la città del futuro oggi vuol dire confrontarsi con due tematiche ineludibili, il taglio delle emissioni di CO2 e l’impatto dello smart working sullo stile di vita.

Partendo da queste premesse è chiaro che i modelli proposti fino ad oggi sono superati e, in parte, la loro attuazione sarebbe pericolosa.

I modelli sui quali ragionare già sono in campo, uno di questi è quello della città di Heidelberg, 160.000 abitanti nella Germania meridionale che ha scelto di avviare un programma di progressivo abbandono delle automobili tradizionali in favore di quelle elettriche, puntando ad estendere la pedonalità all’intero territorio comunale.

Una città che ha deciso di intervenire sugli edifici pubblici per tagliare l’emissione di CO2, che si pone come obiettivo il car sharing per i pendolari.

Latina domani dovrà essere l’avanguardia della città ad emissioni zero, dove la ciclabilità deve passare dallo stato di elemento a servizio del tempo libero a modello di mobilità, dove l’uso dell’automobile dovrà essere limitato alla mobilità verso la prima stazione ferroviaria oppure verso la fermata del bus ad idrogeno.

Pensare quindi un nuovo Piano Regolatore che diventi il motore di questo modello di sviluppo, che integri la riqualificazione urbana ottimo strumento per la gestione del presente con la nascita di quartieri senza automobili.

Una risposta che andrà pensata anche in relazione al nuovo stile di vita che lo smart working e la riforma della PA imporranno, aprendo la nuova prospettiva della città dove si lavora fisicamente e si vive. Per migliaia di persone non sarà più necessario spostarsi quotidianamente verso Roma per raggiungere uffici e postazioni di lavoro, potranno lavorare “a Roma” restando a Latina, che non sarà più la città da vivere nel weekend ma dove si vive tutti i giorni. Nuove modalità di lavoro e nuovi stili di vita che la pandemia ha imposto ma che diventeranno ordinari.

Sono queste le sfide da raccogliere e le risposte non possono essere ancora la Roma-Latina e i Piani Particolareggiati, perché in quel caso “quelli di prima” hanno molte cose da dire trattandosi del modello di sviluppo che gli appartiene.

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