Politica

Perché l’astensionismo alle elezioni regionali non deve allarmare

Lo spieghiamo in modo semplice usando il calcio

Ho letto ricostruzioni “sociologiche” sull’astensionismo alle elezioni regionali, alcune prefiguravano la fine della democrazia, la maggior parte parlava della sempreverde “crisi della politica”, gli elettori avrebbero scelto di non votare per “colpa” dei partiti “distanti dalle persone”. Inutile aggiungere che il principale indiziato fosse il PD, a sinistra si è sempre pronti all’autoflagellazione.

La verità è ben altra, molto più semplice e meno allarmante di quello che si è detto e scritto, per capirlo basta confrontare i dati e le serie storiche.

Domenica 12 febbraio l’astensione è stata gigantesca, sicuramente ben oltre quanto eravamo abituati a vedere. Nel Lazio ha votato meno del 40% degli aventi diritto, circa 1.000.000 di elettori meno delle politiche, anche se già il 25 settembre tendenza all’astensionismo era marcata il 68,20% contro il 75,95% del 2018, un calo del 7%.

In Emilia Romagna nelle elezioni regionali del 2014 si è raggiunto il “record” negativo della partecipazione con il 37,7%, nel 2020 la partecipazione al voto è risalita al 67,7%, + 30%. Il dato dell’Emilia Romagna è stato condizionato dalle offerte politiche in campo, nel 2014 una battaglia senza storia, nel 2020 un’elezione nelle quali si misuravano gli equilibri nazionali, rende chiaro che l’astensionismo è fluttuante, un fenomeno presente in tutte le cd “democrazie mature” che ambia in base allo scenario e alla competizione. Spiegare l’astensionismo con categorie “sociologiche” è sbagliato e fuorviante.

La causa dell’astensionismo nelle elezioni regionali deve essere ricercata in diversi fattori: l’esito scontato delle elezioni, una campagna elettorale “debole”, la presenza di un’offerta politica priva di alternative.

Il risultato delle elezioni regionali era noto dal 25 settembre, un finale già scritto che i sondaggi hanno rilanciato per mesi. La campagna elettorale anche a causa della vicinanza con le politiche è stata debole, impercettibile, non si è mai accesa, quante volte parlando con un amico, un collega, abbiamo sentito “non sembra che ci siano le elezioni”. In altre parole è stata una campagna per addetti ai lavori.

Infine, nelle elezioni regionali c’è stata solo l’offerta politica del centrodestra, quella del centrosinistra era inesistente, senza alcuna possibilità di vittoria, ancora meno quella del M5S. Gli elettori semplicemente non si sono sentiti coinvolti in un’elezione dall’esisto scontato, com’era successo nel 2014 in Emilia Romagna. Ciò non significa che la democrazia sia finita e nemmeno che la prossima volta la percentuale dei votanti ritorni ben sopra al 50%.

Finiamo provando a spiegare l’astensionismo in modo facile ad esempio pensiamo a due partite di calcio di fine campionato, uno spareggio salvezza e un incontro tra una squadra di centro classifica e una già retrocessa. Ovviamente gli spalti della sfida spareggio si riempiranno all’inverosimile mentre quelli della seconda sfida saranno deserti perché non ha nulla da dire, il finale è scontato. E’ quello che è successo nel Lazio dove le elezioni, come in Lombardia, dovevano ratificare un risultato già scritto.

Tutto qui, più semplice di quello che si pensa.

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